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Pubblicato il 26 agosto 2012 da canicattivi


 Prosegue il nostro viaggio fra le realtà creative, e spesso giovani, canicattinesi.
Oggi proponiamo un’intervista a Rosalia Raineri, giovanissima scrittrice con all’attivo un romanzo (Un buco nell’eternità) ed in procinto di uscire con la sua seconda opera.
Buona lettura a tutti
Andrea Uccello

Rosalia, dato che sei una scrittrice, presentati ai lettori scrivendo una nanoautobiografia.
Mi chiamo Rosalia Raineri. Sono nata nell’anno della caduta del muro di Berlino, nel primo giorno dell’estate; e, nel gennaio 2011, mi è capitato di pubblicare un mio romanzo. E abbastanza “nano”?

Si, abbastanza! Domanda banale (ma l’intervistatore è quello che è, quindi tocca accontentarsi): la passione per la scrittura come è nata?
È una domanda che mi sono sentita rivolgere spesso, in quest’ultimo anno, e non ho ancora trovato una risposta sufficientemente veritiera… Suppongo che sia nata nell’esatto momento in cui ho imparato a scrivere: come prova ho dei quadernetti con favolette varie scritte a sei anni.

Parliamo della tua opera prima, “Un buco nell’eternità”. Di cosa parla? Ci sono riferimenti autobiografici o è solo frutto della tua creatività?
Parla di sogni, d’amicizia, di difficoltà a crescere, di scontri generazionali e di valori infranti… Parla anche, o forse principalmente, di scrittura, di amore, di responsabilità, di libertà e d’indipendenza… Parla di tutto ciò che ci coinvolge tra il passaggio dell’adolescenza all’età, cosiddetta, adulta; di cose che bisognerebbe lasciare all’infanzia e di altre cose che, invece, di quest’infanzia dovremmo ritrovare…
I riferimenti autobiografici, se ci sono, riguardano il paese in cui sono cresciuta e in cui è ambientato il mio romanzo; e altri piccoli dettagli vari che, probabilmente, si possono riscontrare in tutti gli adolescenti, o poco più… tipo, verso i diciannove anni, l’età in cui l’ho scritto.

Quanto è difficile scrivere un romanzo? Tu segui un metodo particolare o scrivi di getto?
Ho provato quando avevo sedici anni circa a seguire un metodo, perché un metodo esiste, anzi ne esistono diversi, e basta una semplice e breve ricerca su internet per scoprirli; ma io l’ho mollato praticamente da subito, perché ho capito che il metodo faceva a pugni con la mia ispirazione. Era un metodo troppo “ragionato” per la mia fantasia e, quindi, dovendo scegliere tra i due, ho scelto la seconda… La mia creatività è così felice ed io imparo a scrivere come si deve a poco a poco, pian pianino, divertendomi, direttamente sul “campo”… Ho ancora molto da imparare ed anche questo è divertente.

Quali difficoltà hai affrontato per trovare un editore che credesse in te?
Non molte, a dire il vero. Ho ricevuto un po’ di NO, dei NO molto secchi e poco gentili (ma ero preparata a questo, funziona così in questo campo), ma per altre cose che ho scritto (fra queste, due anni prima dell’uscita di questo mio primo romanzo, un’altra storia ha rischiato, per qualche mese, di potersi prendere il primato, poi il contratto proposto non mi convinse particolarmente).
“Un buco nell’eternità”, invece, prima di ricevere il suo SÌ, ha ricevuto un solo NO e nemmeno un mese prima del SÌ. Quindi, sono stata fortunata.

Per chi volesse acquistare la tua opera prima, dove la può trovare?
Teoricamente, la si dovrebbe poter trovare in qualsiasi libreria e se non c’è dovrebbe bastare richiederla. In pratica, posso dirvi che la potete trovare facilmente in rete, come sul sito di ibs.it o su quello della casa editrice, edizionimiele.it. O posso suggerirvi una libreria in zona, dove nell’ottobre scorso ho tenuto una presentazione del romanzo e che dovrebbe ancora avere delle copie: BIBLIOS CAFÈ, via del Consiglio Regionale, 11 – Siracusa.

Attualmente stai lavorando al tuo secondo libro. Puoi anticiparci qualcosa al riguardo? E quando, approssimativamente, pensi possa vedere la luce?
Posso dire che è già finito, che è in “lettura” e che se troverà la sua copertina personale, scoprirete di che parla… Posso anche dirvi che è ambientato nel futuro e, quindi, è di tutt’altro genere rispetto a quello di “Un buco nell’eternità”. Altro non dirò, perché sono leggermente scaramantica.

Una persona che scrive è anche una persona che legge molto. Tu cosa leggi di solito? E quali sono i tre libri indispensabili che consiglieresti a tutti di leggere?
Questa, è la domanda più difficile tra le tredici. E anche se è l’ottava, sto rispondendo per ultima. Leggo un po’ di tutto e proprio per questa ragione mi è davvero difficile scegliere tre libri su tutti. Sarebbe più facile consigliare un romanzo a persona, a secondo di chi mi sta di fronte: dei suoi gusti, dell’ambiente che lo circonda o della sua situazione “esistenziale” in cui si ritrova in quel preciso momento. Per quanto riguarda me, non riesco a leggere più di tre romanzi di uno stesso autore che tratta sempre le medesime tematiche, non solo di genere; ma è anche vero che ci sono autori che ad ogni lettura ti fanno immergere in storie sempre più coinvolgenti, incredibili e originali, nonostante siano dello stesso genere e con l’identico filone tematico: forse è questa la differenza tra Scrittori di Romanzi e Scrittori di Best Seller. Può andare?

La accettiamo, ma perché siamo buoni :)
Internet, se non lo è già diventato, si avvia ad essere il principale medium utilizzato dalla gente. In questo contesto, i libri possono essere ancora competitivi nel trasmettere messaggi?
Sì, assolutamente. Anche se un giorno non ci sarà più la carta, ci saranno ancora le “storie” da raccontare. L’umanità “racconta” da sempre e da sempre ascolta/legge i racconti. Internet è un mezzo di comunicazione, ma non è l’espressione del mezzo; quello è la nostra mente e troveremo sempre il mezzo più adeguato e appropriato al nostro tempo. Non sono i libri (carta ed inchiostro) a poter essere competitivi, né lo è e lo sarà mai internet, è la voglia di comunicare ad esserlo; e spero che non nasceranno mai guerre troppo spietate tra i due mezzi, perché altrimenti si perderebbe di vista il motivo per cui sono stati inventati.

Cosa ne pensi degli e-book?
Come penso si sia capito dalla mia precedente risposta, sono favorevole. I mezzi di espressione si spalleggiano e non si escludono a vicenda. Leggete tutto ciò che si possa leggere e in ogni cosa si possa leggere: sui muri, sulla carta, sulle magliette, sui dipinti, sulle fotografie, sui blog, sugli e-book…

Gli SMS e i social network stanno modificando il modo di scrivere delle persone. Credi che questo stia comportando un impoverimento della lingua italiana o dovremmo considerarla una naturale evoluzione?
Credo che, in realtà, siamo una generazione che scrive davvero tanto, rispetto al passato. Forse, spesso, finiamo anche per nasconderci dietro le parole scritte barattandole per un confronto occhi vs occhi. Non è una critica, solo una constatazione. Non sono una di quegli studiosi che cerca di prevedere quale cambiamento comporterà un’evoluzione e quale, invece, un’involuzione (che poi, ad essere sinceri, c’indovinano poco, poiché non si possono anticipare le future scoperte e i progressi vari), quindi, non so se la direzione intrapresa sia totalmente sbagliata. È vero che alla quantità di parole scritte, sembra non corrisponda, purtroppo, lo stesso livello di qualità, in grammatica e in sostanza. Ma non credo che la colpa o la causa sia degli sms, perché guardandomi intorno, o ascoltando chi sta ai vertici della mia società, non riscontro in loro un alto grado di cultura e d’intelligenza (grammaticale e di sostanza).

Tu sei giovane e la tua esperienza da studentessa è ancora fresca. Secondo te, la scuola avvicina i ragazzi alla lettura ed all’amore per la lingua italiana?
No. Ricordo che i libri proposti a scuola, divenivano automaticamente libri “detestabili” (nonostante, la stessa lettura, riletta in circostanze diverse o in seguito, mi abbia di fatto conquistato del tutto), forse perché imposti o perché dopo sarebbero stati possibili oggetti di verifica; e questo, più che a leggerlo, ci spingeva a cercare i suoi riassunti. Forse sarebbe diverso se ci fosse un’ora dedicata alla lettura in classe e non per casa, di romanzi scelti dagli alunni tra alcune proposte dei professori, senza verifiche e costrizioni. Leggere solo per leggere. In fondo, è la Curiosità che ti spinge al Sapere e non viceversa.

Un’ultima domanda: secondo te, l’arte dello scrivere è qualcosa che si può imparare a scuola o è necessariamente una dote che soltanto alcuni possono avere?
Io credo che tutti siamo dotati di quest’arte, ma ci crediamo poco. Come già detto, è una forma di comunicazione, come tante altre. Bisogna scrivere, perché è un po’ come psicanalizzarsi da sé e perché si possono esprimere concetti che a parole non si saprebbe dire. Bisogna scrivere, perché ciò che è scritto, resta. Bisogna anche non-scrivere e passare agli altri mezzi di espressione/comunicazione. Poi, come in tutte le cose, c’è chi predilige più un mezzo che l’altro e ciò comporta anche ad una certa predisposizione in merito o voglia d’impararlo meglio.




Da "La voce di Canicattini" 


Dal "Giornale di Sicilia"


Di Debora De Angelis
Lucidità. Questa è la parola che meglio riassume lo sguardo della giovane autrice sul mondo. quella lucidità rara e preziosa sulla natura umana e sull’esistenza tutta, tipica di una coscienza spontaneamente incline al “conosci te stesso” di socratica memoria. Lucidità pesante da sostenere a poco meno di vent’anni, l’età dell’autrice, e allora eccola sfaccettarsi come un prisma nelle sue quattro voci narranti: Marzia, Cinzia, Fabiana e Barbara. 
Unite da un legame indissolubile, una porta l’urgenza prematura di non perdersi, come spesso accade quando si intraprendono le vie del mondo, una seconda si estrania in un universo parallelo fatto di nuvole e troppa saggezza e vuole sperimentare la rottura benefica dalla troppa precoce consapevolezza attraverso la ribellione, una terza vive per la prima volta l’amore e i suoi soffocanti ossimori, la quarta fa da tramite tra tutte loro, percepisce il contatto con la Voce Interiore, le parla, l’ascolta, la teme e al tempo stesso sa di non potere, volere, interrompere il contatto con Lei.
Mi sono sempre chiesta, vedendo le mie serie preferite da adolescente, One Tree Hill e Dawson’s Creek, citate anche dall’autrice, se fosse una prerogativa tutta americana rendere così bene i travagli esistenziali di chi si avvia a consacrarsi Maturo, dopo la fine del liceo, in bilico tra l’entusiasmo di una inesperita libertà e l’incombente angoscia di doverla, o rischiare di poterla barattare con il ricordo di Sé. questo una delle protagoniste, con lucido presagio, prova a lanciare come un monito che teme e desidera al tempo stesso: frammentarsi, perdersi per sperimentare l’esistenza e le sue contraddizioni, per poi ritrovarsi, un giorno, finalmente integre e complete.
Il King di “Stand by me” stringerebbe volentieri la mano a questa ragazza e alla sua dichiarazione di eterna amicizia declinata al femminile.
Vi invito a leggerlo per lasciarvi guidare attraverso il sentiero che la giovane autrice ha ben chiaro in se stessa e vi auguro che possa ridestare il Ricordo di ciò che avete dimenticato.
Intervista all'autrice.
Rosalia Raineri: a leggere il tuo libro, emergono una maturità e consapevolezza della scrittura abbastanza inconsuete in una poco-più-che ventenne. A che cosa credi che si debba questa saggezza letteraria?
Devo intanto precisare, che non mi sento addosso questa “saggezza letteraria” che mi affibbi tu, né credo di avere una maturità superiore alla media. Forse lo si pensa, leggendomi, perché in genere si parla maggiormente di quella minoranza di ragazzi che sembrano riflettere poco e niente, e di conseguenza io potrei apparire come un’eccezione; ma non è così. Anzi, direi che è esattamente il contrario. E, facendo parte di quella maggioranza sconosciuta di ragazzi, posso dire di essere assolutamente nella media, anzi, per alcuni versi potrei anche ritrovarmi sotto a questa media. Ma siccome sono ancora giovane e ho quindi tempo per migliorare, non me ne preoccuperei più di tanto, no?

Pensando alla letteratura di ogni tempo, in quali autori e autrici ti riconosci maggiormente, per stile e tematiche affrontate e perché?
Se dovessi scegliere un’autrice come musa ispiratrice, opterei certamente per Christine De Pizan, o meglio Cristina da Pizzano. Una scrittrice veneziana del XIV sec, cresciuta in Francia. E’ la prima donna al mondo che può vantarsi di aver vissuto della sua penna (il mio sogno!). I suoi scritti, inoltre, erano una forma di battaglia contro la misoginia. Si potrebbe considerare anche la prima femminista della storia.

Quando hai sentito per la prima volta l’impulso irrefrenabile di impugnare la penna per iniziare a raccontare storie?
Non lo ricordo il momento esatto, forse perché è nato con me, o meglio, non appena ho imparato a scrivere. Certo, non erano cose da poter far leggere in giro (e non sono sicura neppure che lo sia il romanzo pubblicato, giudicatelo voi!), ma nella loro stesura, ero sicuramente mossa da un forte impulso alla narrazione, alla comunicazione, all’espressione in generale di un pensiero fantasioso.

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